venerdì 20 luglio 2012

Piazza Maggiore - cinema


Domenica 22 luglio, ore 21.45, Piazza Maggiore
WALL-E (USA/2008, 98’) di Andrew Stanton

Da settecento anni gli umani hanno abbandonato la Terra, sommersa da immense distese di rifiuti e devastata dall’inquinamento. Rimasto solo sul pianeta, il piccolo robot Wall-E continua indefessamente il lavoro per cui è stato programmato, compattare e stoccare i rifiuti. Wall-E vive nel rimorchio di un autotreno, colleziona come cimeli gli scarti della società industriale e ha come unico amico un simpatico scarafaggio. La sua esistenza solitaria cambia all’improvviso quando, in una delle tante notti passate a scrutare il cielo stellato, giunge a bordo di un razzo la robot Eve, inviata per individuare eventuali tracce di vita sul pianeta. Wall-E la seguirà fino ad Axiom, la struttura spaziale in cui gli uomini vivono ormai nella più totale dipendenza dalla tecnologia. Il nono lungometraggio d’animazione digitale della Pixar rimodella in forma di favola l’immaginario del cinema di fantascienza spaziale. Devastazione postapocalittica e viaggi interstellari sono visti dallo spettatore attraverso gli immensi occhi tondi di Wall-E, automa-bambino dalle movenze chapliniane e che ricorda E.T. Solo il suo cuore di metallo riuscirà a far comprendere agli esuli della Terra il valore inestimabile dell’autentica ‘umanità’.

Lunedì 23 luglio, ore 21.45, Piazza Maggiore
LA SPOSA CADAVERE (Corpse Bride, USA/2005, 77’) di Tim Burton, Mike Johnson

Una favola macabra i cui personaggi sono marionette animate immagine per immagine, con la procedura stop motion, già utilizzata da Burton per The Nightmare Before Christmas. […] Le immagini e l’atmosfera del film hanno questa consistenza romantica: tombe, un ponte a dorso d’asino che conduce ai fantasmi, foreste profonde, nevi di un lunghissimo inverno, folti rovi e lande desolate, cittadine di ispirazione medievale, manieri dalle grandi stanze fredde e vuote, una cappella isolata; è una geografia gotica quella attraversata dai personaggi di La sposa cadavere, alla quale si aggiunge l’andirivieni verticale che porta dal sottosuolo dei morti al paese dei vivi. Con Tim Burton, il cadavere, come nella tradizione romantica, assume una bellezza che sembra la continuazione poetica della vita. È precisamente per questo che si può dire che, in La sposa cadavere, il cineasta preferisce i morti ai vivi. Come un’inversione dei valori della rappresentazione classica: ai cadaveri vanno le sfumature di colore, le variazioni d’umore, la densità dei valori, mentre gli umani sembrano quasi tutti ghiacciati, lividi, terrificanti. Il protagonista del film, Victor, è in armonia con tutto ciò: spaventato, malinconico, disperato, angosciato, fragile e pallido, sembra quasi già un cadavere. […] Il film vuole vincere, accusandola e celebrandola al tempo stesso, la frontiera della morte. Perché ciò avvenga, adotta volentieri, con grazia, semplicità e naturalezza, il ritmo lancinante della fiaba malinconica. (Antoine de Baecque)






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