da La Repubblica.it
È stato recentemente pubblicato negli Stati Uniti il libro Free to
learn (Basic Books, 2013) scritto dallo psicologo americano Peter Gray
che sostiene una tesi interessante. Secondo Gray è cambiato il contesto
in cui vivono i bambini negli ultimi decenni, infatti mentre in
passato i bambini erano abbastanza liberi di giocare organizzandosi fra
loro, oggi passano il tempo a scuola oppure in attività dirette dagli
adulti, come ad esempio gruppi sportivi, musicali oppure di danza.
Aggiungerei che la giornata dei bambini è anche occupata dalla
televisione oppure dai videogiochi e quando si avvicinano all'
adolescenza da facebook. Ma qual è il valore del gioco nella vita dei
bambini ? Se guardiamo il mondo animale, in particolare quello dei
mammiferi, si scopre che durante l' infanzia i cuccioli passano quasi
tutto il loro tempo giocando, rincorrendosi, lottando, arrampicandosi.
Si può senz' altro affermare che il gioco si sia sviluppato attraverso i
processi evoluzionistici permettendo ai cuccioli di apprendere, di
mettere alla prova le proprie capacità ed iniziare a riconoscere il
proprio rango all' interno del gruppo, come sosteneva lo zoologo
tedesco Karl Groos nel lontano 1898. Il gioco per i bambini è una
necessità vitale perché devono apprendere i complessi codici degli
scambi sociali, scoprire situazioni nuove, superare ostacoli
imprevisti, coordinare i propri sforzi con gli altri per raggiungere un
risultato condiviso. Basta osservare dei bambini che giocano per
comprendere il valore e il significato del gioco: non è un' attività
imposta, i bambini spontaneamente decidono se partecipare o no, se non
si divertono più possono ritirarsi o contrattare per iniziare un altro
gioco, fare dei compromessi e stabilire insieme le regole. L' esempio
raccontato dalla psicologa americana Carol Gilligan è particolarmente
illuminante: un bambino ed una bambina decidono di giocare insieme, il
maschietto pretende di giocare ai pirati, mentre la bambina propone di
giocare alla famiglia. Il bambino si infastidisce e con aria scocciata
si rifiuta di giocare «è un gioco da bambine», ma alla fine dopo vari
tira e molla la bambina propone «va bene giochiamo ai pirati che
stavano in famiglia». Prima di giocare i bambini discutono a lungo sul
gioco da fare, definiscono le regole, per trovare alla fine un
compromesso in cui ognuno rinuncia a qualcosa per ottenere quello che
desiderava. Come scrive Peter Gray il gioco è una vera palestra sociale
per i bambini, si apprende l' empatia verso gli altri e si comprende
quello che gli altri desiderano e vogliono, capacità fondamentali anche
nella vita adulta. E che conseguenze ha questa dilatazione di
attività finalizzate dirette da un adulto a scapito del gioco libero
sulla personalità in formazione di un bambino? Peter Gray è piuttosto
pessimista, la riduzione del gioco libero interferisce con le capacità
di empatia e di intelligenza sociale favorendo piuttosto atteggiamenti
egocentrici e narcisistici, che osserviamo nei bambini poco abituati a
giocare con i compagni. Una tesi simile era stata sostenuta anche
dallo psicoanalista americano Bruno Bettelheim nel suo libro Il mondo
incantato, secondo cui le favole tradizionalmente raccontate ai bambini
servivano ai bambini per elaborare i conflitti con i fratelli oppure
con gli adulti stimolando la ricerca di soluzioni a livello
immaginario. Ma anche le favole fanno sempre meno parte della vita dei
bambini e questo rischia di impoverire il loro mondo interiore e
soprattutto la sfera inconscia che è alla base della ricchezza emotiva e
della creatività. E questo sarebbe confermato da ricerche recenti che
avrebbero messo in luce "una crisi della creatività" fra i bambini, che
sarebbero oggi meno in grado di esprimere le proprie emozioni, meno
ricchi di immaginazione, meno entusiasti e meno capaci di inventare
prospettive diverse. In altri termini si corre il rischio di educare i
bambini scoraggiando la loro creatività, che come è ben noto non si può
insegnare ma si può soltanto assecondare. Per ritornare al passato non
può non ricordare un racconto di Stephen King "Il corpo" nel suo libro
Stagioni diverse in cui un gruppo di ragazzi tredicenni viene a sapere
che è stato ritrovato il corpo di un loro coetaneo che era morto dopo
una inspiegabile scomparsa. I quattro amici decidono di andare alla
ricerca del corpo del loro coetaneo e siccome il luogo è lontano devono
trovare una scusa per i genitori. Inizia qui la loro avventura,
dovranno affrontare pericoli, si dovranno scontrare con un gruppo di
ragazzi più grandi ma questa è l' impresa della loro vita che li porta a
confrontarsi con la morte di un ragazzo come loro. Forse la vita dei
bambini oggi se da una parte è troppo ovattata, dall' altra è troppo
condizionata dalle pressioni degli adulti e senza la libertà di giocare
le nuove generazioni non potranno mai sviluppare a pieno le proprie
potenzialità.
MASSIMO AMMANITI

MASSIMO AMMANITI
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